Santa Anastasia di Sirmio (281-304)
Icona di Santa Anastasia, per cortese concessione del Monastero della Trasfigurazione, Boston
La Santa Martire Anastasia
di Sirmio nacque nel 281 a Roma, da una famiglia patrizia. Sotto le persecuzioni
di Diocleziano (302-305) svolse un'intensa attività di carità
e di soccorso a favore dei cristiani incarcerati. Fu martirizzata nel 304
a Sirmio, la capitale della provincia romana dell'Illirico orientale (oggi
Sremska Mitròvitza, nella Serbia occidentale). La sua canonizzazione
ebbe luogo nel 467 a Costantinopoli. Dal V al XV secolo, conobbe una straordinaria
devozione in tutta l'Europa mediterranea, subalpina e danubiana: in particolare,
nell'XI secolo i monaci benedettini le dedicarono molte chiese e cappelle
in Italia, Francia e Germania. In Russia la sua devozione arrivò
nel X secolo da Costantinopoli assieme alla fede cristiana. Nei Balcani,
gli antenati degli attuali Serbi, Croati e Bosniaci la veneravano come
patrona comune. Fu chiamata in greco Farmacolìtria (Guaritrice
dai veleni), e in russo Uzoreshìtel'nitza (Colei che libera
dai vincoli), un simbolismo che unisce le immagini della guarigione dalle
malattie e dello scioglimento dagli inganni demoniaci. Era anche considerata
quale simbolo della Risurrezione (che è il significato del suo nome,
dal greco Anàstasis). La sua festa cade il 22 dicembre, riunendo
la simbologia della Natività di Cristo a quella della sua Risurrezione.
Elevata al rango di Megalomartire, o Grande Martire, è una dei quindici
martiri nominati nel Canone eucaristico. Dopo la separazione tra Oriente
e Occidente cristiano, la sua figura di legame tra i due mondi perse di
importanza, e fu gradualmente dimenticata. All'inizio del terzo millennio,
tuttavia, la sua dimensione umana e spirituale (una figura ante litteram
di "medico senza frontiere", simbolo di carità e soccorso ai perseguitati)
unisce la storia e la cultura dell'Ovest e dell'Est europeo, come personaggio
proto-europeo per eccellenza, riferimento ideale per il ritrovamento delle
comuni radici e per l'edificazione culturale e morale di un'Europa concorde
e pacifica. La sua figura antitetica alla guerra assume un immenso valore
in una terra lacerata da un lungo conflitto civile, e la martire di un
conflitto balcanico del V secolo può essere simbolo di riconciliazione
per i popoli dell'ex-Yugoslavia e dell'intera Europa.